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Pane Manifesto - Testo

Preistoria


Sono nato dall’abbandono.

È bastato lasciarmi lì,

sotto al sole,

Perché il prodigio iniziasse a compiersi.

È così che funziona, la vita:

La natura non prevede distruzione.

Ma mutamento,

Metamorfosi.

Farina e acqua,

Forse un pugno di sale.

E tempo, tempo.

Ho insegnato all’uomo ad aspettare

Io che per primo avevo imparato che,

con pazienza,

Potevo diventare altro, nuovo, immenso.


Siamo cresciuti mano nella mano,

Noi due.


Con un sacco di farina

Un uomo può sopravvivere per un mese

Ma dopo il mio avvento

vi ho dimostrato che potevate vivere per sempre

E prosperare sulla terra

come nessuna specie prima di allora.


Romani


Al tempo dei grandi imperi,

Anche il mio nome si è fatto grande.

Insieme al sale

sono diventato merce di scambio

Marchiato a fuoco per dimostrare il mio valore

Sono stato usato dai potenti per calmare le folle

E dai ricchi per sfoggiare la loro abbondanza

Attraverso il mio candore

E il sudore degli schiavi.

Sacro a Demetra, avevo molte forme,

E molti gusti: olio e fichi, burro e miele, uova…

Esportato, venduto, amato:

È stato il mio momento di gloria.

Ma si sa che, a volte,

La storia gioca brutti tiri ai suoi vincitori.

E così fu anche per me.

Perché venne un’era in cui si dimenticò l’arte del pane

E le conseguenze furono gravi, gravissime.


Come disse in seguito un saggio,

Ci sono uomini così affamati

Che Dio non può loro interessare,

se non nella forma del pane.


Medioevo


Gli uomini invece di guardare la terra

Iniziarono a guardare il cielo

Pregando

E non si resero conto che i campi diventavano neri sotto ai loro occhi.

Per la prima volta, tanto il mugnaio che il panettiere permisero

Di distribuire al popolo un grano malato, chiamato poi segale cornuta,

Che non lievitava, lasciando le pagnotte umide e scure.

Inutile dire che ben presto di nero venne un’altra cosa:

le braccia e le gambe di chi non aveva altro cibo

E si affidava a Dio per liberarsi di quella che credeva

Una punizione per i propri peccati.

Erano secoli bui: pane nero, Morte nera

In cui si alternavano abbondanza e carestia,

E la forbice tra ricchi e poveri

Si faceva sempre più ampia,

Fino ad arrivare alla rivolta.


Modernità


Mentre la maggioranza della popolazione tentava di fare il pane con radici,

Fango e erbe velenose,

C’era un’altra specie di uomini

Che si nutriva di zucchero, carne e croissants.

E mentre il popolo nascondeva il grano tra gli abiti della domenica

C’erano funzionari dello stato e della chiesa

Che senza pietà chiedevano loro

Di pagare pegno al proprio signore.


La loro ricchezza

Si reggeva su un regno di stomaci vuoti.


Decisi che era abbastanza

E diedi inizio alla rivoluzione.


Tu,

Piccolo uomo,

Non ti sei reso conto di quanto sono potente.


Ed io te l’ho dimostrato.


Oggi


Oggi non siete più costretti a tagliare teste

Per riempirvi lo stomaco.


Trovate nei supermercati

Un pane facile, bianco,

Che, tuttavia, vi nutre meno che mai.


Ed è per questo che c’è bisogno di un nuovo me:

Un pane dell’avanguardia

Che ricorda il passato

Guardando al futuro


Perché io sono eterno e vivo

e mi trasformo insieme a voi

fino alla fine dei tempi.





Realizzato per la mostra di arte contemporanea Agrifutura (2019)


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